High Summit, Beniston: “Entro il 2100 sulle Alpi temperature medie sopra le 0 anche in inverno” 

LECCO — Estati più secche, inverni e primavere con temperature medie sopra lo zero e crescenti casi di precipitazioni estreme da qui al 2100. Sono questi, secondo Martin Beniston, climatologo dell’Istituto di Scienze ambientali dell’università di Ginevra, i principali fenomeni che le Alpi dovranno affrontare da qui alla fine del secolo, con inevitabili ricadute sull’ambiente e l’economia delle aree circostanti e anche di quelle più lontane. Questo soprattutto perché dalle alte quote arriva una buona parte delle risorse idriche: “Le montagne – ha spiegato Beniston intervenendo ad High Summit – alimentano più della metà dei fiumi mondiali. Il bacino del Rodano e quello del Po, per esempio, forniscono acqua a 15 milioni di persone ciascuno, quello del Danubio a 80 milioni”. 

 

Meno ghiaccio e neve significa dunque meno acqua per i fiumi e di conseguenza per le popolazioni a valle. Per questo è importante studiare il ciclo idrologico e come esso cambierà a causa del global warming. “Rispetto alla media del riscaldamento globale, nelle Alpi le temperature sono cresciute da mezzo grado a 1,5 gradi in più”. Un fenomeno che sta cambiando e cambierà totalmente il comportamento di acqua e neve da qui al 2100: “Le Alpi dovranno sopportare estati con molti giorni caldi. Per il periodo 2071-2100, i modelli prevedono temperature sopra lo zero anche in inverno e primavera: una temperatura non in grado di mantenere ghiaccio e neve a 2.500 metri”, continua Beniston.

In questo quadro, “paradossalmente le precipitazioni aumenteranno. I modelli previsionali dicono che sulle Alpi cresceranno le precipitazioni invernali, ma diminuiranno significativamente quelle estive. Sotto i 2.000 metri ci saranno strati di neve meno profondi ma più estesi, mentre a quote più alte la copertura nevosa sarà più consistente, ma più localizzata”. Così, se alle altitudini più elevate si osserverà un lieve aumento della neve, a 2.000 metri si assisterà a una perdita che varia dal 40% al 60%, corrispondente a un aumento della temperatura di circa 4 gradi centigradi. Per quanto riguarda le precipitazioni estreme, si osserverà un “seasonal shift”: “Oggi si concentrano tra fine estate e inizio autunno, mentre in futuro si ridurranno soprattutto  in estate”. Causeranno uno scioglimento più rapido della neve e alluvioni, con alti costi per la collettività.

 
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