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SETTORI DISCIPLINARI E NECESSITA' DI RICERCA

Le Aree tematiche ed i Settori di azione

  

Il Comitato Ev-K²-CNR nel corso dei primi 15 anni di attività ha gestito ed organizzato presso il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide la maggior parte delle sue attività nel nei seguenti campi:

 

Attività di Ricerca Scientifica

o      Medicina e Fisiologia

o      Studi Ambientali

o      Scienze della Terra

o      Scienze Antropologiche, Comunicazione e Sviluppo (già: Scienze Umane)

o      Tecnologie Ecoefficienti e Sistemi di Gestione Ambientale (già: Nuove Tecnologie)

 

Formazione Professionale e Sviluppo

o      Formazione tecnica alla Piramide

o      Guide Sherpa

o      Centro di Alpinismo Lhasa

 

 

Le domande di ricerca verso le quali sono indirizzati gli studi nelle diverse discipline sono riportati in seguito. La previsione che nel triennio 2003-2005 le attività possano essere gradualmente estese all’intera area montuosa dell’Himalaya, Karakorum e Hindu Kush richiede che le linee guida programmatiche nei diversi settori disciplinari vengano considerate in un’ottica più ampia di quella dei programmi di attività sviluppati fino ad ora dal Comitato Ev-K²-CNR. Questo processo, che non potrà comunque esaurirsi nell’arco di un triennio, dovrà trovare fin dall’inizio le motivazioni per innescare nelle attività di studio una capacità programmatica a lungo termine. Questo spirito, che va cercato in embrione oltre a quanto riportato nei piani dettagliati delle singole discipline, sarà la sfida complessiva che accomunerà tutti i partecipanti alle ricerche del prossimo triennio.

 

 

Medicina e Fisiologia

 

Questo settore ha come fulcro fondamentale delle sue indagini il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide, il quale offre la possibilità di studiare adattamenti fisiologici ad una quota limite (5.000 – 8.000 m s.l.m.), il che costituisce un modello ideale per comprendere quanto avviene nella vita quotidiana a bassa quota in soggetti che per motivi fisiologici (invecchiamento) ma soprattutto patologici (malattie acute e croniche) devono far fronte ad una ridotta capacità di ossigenazione periferica.

 

 

I risultati degli studi svolti in queste condizioni servono anche per monitorare e comprendere ciò che avviene all’organismo di quanti, vivendo a livello del mare, si recano periodicamente per motivi professionali e/o ludici a quote superiori a 1500-2000 m s.l.m. La Piramide si trova a 5.035 m s.l.m. dove la pressione inspiratoria di ossigeno è di circa 85 mm Hg mentre la pressione arteriosa di ossigeno, variabile a seconda dell’acclimatazione, è sicuramente <55 mm Hg). I soggetti possono inoltre nei dintorni raggiungere quote molto più elevate esponendosi quindi ad un livello di ipossia molto severo. La Piramide si raggiunge con un trekking di almeno 4 giorni con possibilità di fermarsi per qualche giorno a quote inferiori: la prima sosta avviene generalmente a 3.500 m s.l.m. dove la pressione inspiratoria di ossigeno è di circa 100 mm Hg e la Pressione arteriosa < 60 mm Hg. Questi sono i valori “limite” che, a livello del mare, segnalano la presenza di insufficienza respiratoria. Una seconda sosta può avvenire a 4.200m s.l.m. dove i livelli di ipossia sono maggiori. È quindi possibile studiare gli stessi soggetti a diversi gradienti di ipossia e a diversi livelli di esposizione (acuta versus cronica) e di acclimatazione.  

 

Questa circostanza permette di meglio capire gli effetti della ridotta disponibilità di ossigeno su diverse funzioni del corpo umano:

 

-          Adattamenti d’organo

-          Adattamento all’esercizio

-          Neurologiche

-          Dermatologici

-          Patologie d’alta quota

 

Contemporaneamente è possibile svolgere alcuni studi sulla popolazione abitualmente residente nella Valle del Khumbu in villaggi situati a quote variabili tra i 2.500 ed i 4.800 m s.l.m. Questo consente non solo di portare un intervento clinico e diagnostico altrimenti impossibile in quella zona ma anche di confrontare alcuni parametri ottenuti su popolazioni locali di diversa etnia con quelli ottenuti sui soggetti europei per verificare le diverse modalità di adattamento all’ipossia.  Strettamente correlati a quanto fin qui enunciato sono gli studi epidemiologici, genetici e fisiologici sulla popolazione residente. Infatti la Piramide è non solo collocata ad una quota significativamente più alta di analoghi laboratori-osservatori anche europei posti in località alpine, ma inoltre, a differenza di un analogo osservatorio posto in Bolivia, offre la possibilità di studiare popolazioni autoctone uniche (Tibetani e Sherpa) viventi da migliaia di anni ad alta ed altissima quota.

 

Si possono ad esempio realizzare studi che affrontano le serie patologie comuni nelle popolazioni locali (come ricerche sull’associazione tra l’esposizione ad inquinamento indoor e la funzionalità respiratoria) con l’obiettivo di sviluppare raccomandazioni volte a migliorare la qualità delle vita delle stesse, avendo una ricaduta per la salute della popolazione residente, in termini sia di prevenzione, sia di diagnosi e cura.

 

Inoltre, vengono effettuate ricerche sull’adattamento all’ipossia, che solitamente pongono a confronto le risposte di soggetti nati e viventi ad alta quota (Sherpa) con loro discendenti viventi però a bassa quota, o con soggetti caucasici con o senza precedenti esperienze di montagna ecc. La situazione storica e geografica della Valle del Khumbu e gli avvenimenti politici degli ultimi decenni del secolo scorso nella zona Himalayana hanno creato infatti la possibilità di studiare soggetti geneticamente adattati da milioni di anni all’alta quota al loro arrivo a bassa quota (es., profughi tibetani). I risultati di questi studi condotti avvalendosi anche delle più recenti tecniche di biologia molecolare, oltre a fornire preziose indicazioni sul ruolo del corredo genetico nell’adattamento e sulla funzionalità del corpo umano in condizioni estreme, trovano un’applicazione immediata per varie patologie che possono affliggere anche soggetti viventi alle nostre quote: ad esempio, possono essere trasferiti a pazienti sofferenti di ipossia per varie cause (quali ipossia fetale e neonatale, ipossia dovuta a patologie croniche), a soggetti che affrontano una fatica muscolare (sport d’alta quota) o che, per ragioni patologiche, presentano un ridotto afflusso di sangue al cervello.

 

In conclusione, si sottolinea come l’esposizione all’ipossia acuta e/o cronica di soggetti sani e lo studio delle popolazioni geneticamente adattate all’ipossia costituisca un modello sperimentale unico per lo studio delle risposte all’ipossia in condizioni di patologie (malattie croniche soprattutto cardiorespiratorie) o fisiologiche (soggetti anziani). Va tenuto presente che il numero di pazienti con ipossiemia viene stimato intorno allo 0,3 % della popolazione generale. Dal punto di vista epidemiologico sembra che il numero di pazienti con ipossiemia cronica sia in aumento e questo è probabilmente dovuto alla migliore sopravvivenza della popolazione in generale ed in particolare dei pazienti con gravi malattie cardiorespiratorie.

 

Nel prossimo triennio, quindi, si propone di analizzare in particolare i seguenti temi:

  1.  Analisi dello stato dell’arte della ricerca fisiologica sull’effetto dell’ipossia sull’uomo e individuazione delle aree prioritarie per i prossimi studi.

  2. Studi epidemiologici sulle popolazioni locali di alta quota e raccomandazioni per prevenzione e cura di patologie comuni.

  3. Interazione con Area di Scienze Ambientali  ed Area  di Tecnologie Ecoefficienti e Sistemi di Gestione Ambientale per quanto riguarda lo studio dell’inquinamento e la messa a punto di tecnologie in grado di  risolvere almeno in parte i problemi di inquinamento indoor.

  4. Interazione con Area di Scienze Antropologiche e Scienze Ambientali per la formazione in rispetto delle culture locali e sviluppo di metodi innovativi di cura e prevenzione.

  5. Proseguimento degli studi fisiologici per la comprensione degli effetti dell’alta quota sull’organismo umano:

Scienze Ambientali

 

Le aree di alta quota dell’Himalaya, allo stesso modo di quelle polari, costituiscono un luogo ideale per lo studio dei cambiamenti climatici. Questi studi richiedono una particolare attenzione per le notevoli influenze esercitate da un’orografia complessa e dalle peculiarità dovute al clima monsonico.  Lo studio delle caratteristiche climatiche nelle regioni himalayane è stato oggetto di frequenti indagini già a partire dalle prime spedizioni alpinistico-scientifiche condotte all’inizio dello scorso secolo ed ha raggiunto un’ampia diffusione negli anni Sessanta.

 

Nella valle del Khumbu fino alla metà degli anni Novanta, salvo sporadiche indagini stagionali, non erano però ancora disponibili misure regolari alle quote elevate (> 5.000 m s.l.m.) fino a quando nel 1994 fu avviata dal Progetto Ev-K²-CNR la prima stazione meteorologica con rilevazione in continuo dei dati a cadenza bioraria. Questo monitoraggio, che si caratterizza a distanza di molti anni per la grande regolarità delle misure, ha rappresentato il punto di partenza per il recente ampliamento internazionale delle ricerche in campo climatico e meteorologico del Progetto Ev-K²-CNR, culminato con la partecipazione a partire dal 2002 al Progetto CEOP/Tibet del Pyramid MeteoGroup (PMG), un gruppo operativo del Progetto Ev-K²-CNR formato da ricercatori del Centro Epson Meteo, dell’Istituto di Ricerca Sulle Acque ed il concorso tecnico del Comitato Ev-K²-CNR. Il Progetto CEOP (Coordinated Enhanced Observing Period) è parte del World Climate Research Programme (WCRP), della World Meteorological Organization (WMO) che si prefigge di promuovere una comprensione quantitativa dei cicli globali dell’acqua e dell’energia facendo uso di una rete mondiale di osservazioni e di modelli numerici di simulazione del clima ed uno dei sottoprogetti è lo studio dei meccanismi fisici che pilotano il sistema monsonico.

 

Per raggiungere questo obiettivo sono state attivate varie iniziative, tra le quali un periodo intensivo di osservazioni simultanee a livello globale mediante il lancio di nuovi satelliti, la validazione di diversi modelli di circolazione globali ed il potenziamento dei rilievi sul campo. I satelliti ed i punti terrestri di osservazione intensiva (“reference sites”) serviranno per raccogliere informazioni cruciali quali copertura vegetativa, copertura nevosa, albedo, precipitazione, componenti radiative al suolo ecc. Il Pyramid MeteoGroup, vista l’unicità e la peculiarità del sito in cui è collocata la stazione della Piramide, è stato chiamato a svolgere il ruolo di gestore di un punto riferimento per il sottoprogetto CEOP/CAMP-Tibet. Con la partecipazione al Progetto CEOP, il PMG si prefigge di perseguire i seguenti obiettivi principali:

L’isolamento geografico dell’area dell’Himalaya, Karakorum e Hindu Kush facilita la misura dei livelli di fondo degli inquinanti ed è un luogo ideale per misurare gli effetti della diffusione globale dei contaminanti xenobiotici. Queste misure possono essere condotte nelle deposizioni atmosferiche (pioggia e neve), al pari delle aree polari, con il vantaggio che nella regione himalayana l’accesso è facile e continuo lungo tutto l’arco dell’anno. La possibilità di seguire le caratteristiche della composizione ionica delle deposizioni umide e della neve alle diverse quote, anche attraverso spedizioni alpinistiche, fornisce un ulteriore importante strumento conoscitivo per valutare i processi atmosferici legati al trasporto, permettendo di risalire all’origine delle specie chimiche di base e dei composti in tracce. In modo analogo è stata studiata la contaminazione delle calotte polari attraverso l’analisi di campioni d’aria, d’acqua, neve e di sedimenti prelevati in aree remote sia in Antartide che in alcuni Paesi prossimi al Polo artico, quali la Svezia, l’Alaska e il Canada. Nell’area himalayana sono già state segnalate elevate concentrazioni di alcuni inquinanti organici quali il lindano, l’HCB e di alcuni congeneri dei PCB a basso contenuto di cloro (dicloro e tricloro-difenili) rilevate in campioni di neve e ghiaccio. Studi analoghi ai poli hanno permesso l’elaborazione della teoria delle trappole fredde (i composti caratterizzati da elevati valori di tensione di vapore si condenserebbero nelle zone più fredde dei due emisferi, i poli artico e antartico, rispettivamente). Per alcuni di questi inquinanti è stata anche verificata l’esistenza di una netta correlazione tra concentrazione di inquinante e latitudine e lo stesso fenomeno di condensazione a freddo dei composti organoclorurati è stato ipotizzato in funzione anche dell’altitudine.

 

Gli studi sul chimismo delle piogge e delle nevi nella valle del Khumbu confrontati con altre zone di alta montagna permettono di concludere che il trasporto a lunga distanza degli inquinanti è importante ma non ancora tale da produrre vistose alterazioni ambientali. I dati raccolti offrono però importanti indicazioni per la valutazione dei processi che governano il trasporto delle specie xenobiotiche e non escludono possibili rischi per il futuro. A questo riguardo di fondamentale importanza sono stati anche gli studi condotti sui corpi lacustri presenti in circa il 50 % dell’area del Parco Naturale Sagarmatha. In questi laghi sono state infatti prelevate carote di sedimento che coprono un periodo di oltre 1000 anni. I sedimenti lacustri sono notoriamente dei testimoni eccellenti delle vicende climatiche, chimiche e biologiche a cui i laghi sono stati sottoposti. I primi risultati preliminari ottenuti dal Progetto Ev-K²-CNR hanno confermato la remoticità dell’area, ma hanno anche indicato con chiarezza che essa è sottoposta come ogni altra parte del mondo ad un lento e graduale apporto di specie chimiche antropogeniche alloctone.

 

Recentemente queste ipotesi hanno iniziato trovare conferma attraverso prelievi di polveri sospese nell’aria (Progetto RATEAP, Remote Areas Trace Elements Atmospheric Pollution). L’area della valle del Khumbu nonostante la sua remoticità presenta infatti sintomi di apporto di inquinanti dall’atmosfera che vi giungono in forma gassosa o particellata. Mentre la prima influisce la composizione delle deposizioni umide (neve, pioggia, nebbia) la seconda è più difficile da misurare, anche se i risultati della paleolimnologia ne mostrano gli evidenti effetti del progressivo accumulo nel tempo.  

 

Un importante contributo per lo studio del Global Change è infine offerto dagli studi condotti da circa un decennio sui ghiacciai della regione dell’Everest, che forniscono dati preziosi per la quantificazione dell’effetto serra.

 

Ne è un esempio di rilievo l’attività condotta sul ghiacciaio del Changri Nup dove con tecniche di rilevamento satellitare GPS (Global Position System) e di misure a terra, che utilizzano i più avanzati sistemi GIS (Geographical Information System), si seguono le modifiche morfologiche indotte della fronte glaciale con approssimazioni al centimetro.

 

Essendo inserito all’interno di un Parco Naturale, il Laboratorio Piramide offre opportunità uniche per studiare anche la flora e fauna di questa regione. Oltre ad importanti contributi sulla sistematica botanica e zoologica, specifici progetti hanno preso in considerazione l’etologia riproduttiva e la conservazione degli ungulati, la fitosociologia, la biochimica e la fisiologia vegetale, ecc. Più in particolare, tali studi hanno permesso di mettere a punto un programma di gestione della fauna selvatica come possibile risorsa economica nelle regioni montuose dell’Himalaya/Karakorum; un altro progetto invece ha realizzato la caratterizzazione morfo-fisiologica delle risorse genetiche vegetali d’alta quota e la loro valorizzazione in funzione della salvaguardia ambientale e dell’utilizzazione agricola.

 

L’interesse delle scienze ambientali verso le aree remote dell’Himalaya non si limita però ad una visione orientata alla sola speculazione scientifica. La presenza dell’uomo fino a quote notevoli, l’uso del territorio che questi insediamenti determinano, ma anche lo sfruttamento della risorsa paesaggistica da parte dei trekker e degli alpinisti, propone quesiti collegati alla salvaguardia delle risorse naturali. Una migliore conoscenza dall’ambiente permette anche una gestione ottimizzata delle esigenze di sviluppo di queste popolazioni, tra l’altro spesso depositarie di una cultura non ancora ben studiata e conosciuta che potrebbe perdersi con la crescita economica e l’importazione di nuovi stili sociali. Lo stesso sfruttamento delle limitate risorse naturali a seguito della crescita della pressione turistica, nonché l’introduzione di nuove forme di sfruttamento dei terreni agricoli montani o dell’allevamento animale, può avvenire infatti solo rispettando le naturali condizioni culturali di equilibrio. Queste ed altre considerazioni portano a ritenere che sia indispensabile, nell’affrontare gli studi ambientali in queste aree, un’integrazione tra discipline non solo nominale, il cui sforzo di avanzamento delle conoscenze passi anche attraverso obiettivi di trasferimento che sia di ausilio per lo sviluppo delle popolazioni locali, ma anche di salvaguardia del patrimonio autoctono naturale ed antropico.

 

Un aiuto iniziale di base è quello di migliorare la qualità della vita quotidiana. Su questa, ad esempio, incombe costante il pericolo dell’approvvigionamento idrico da fonti igienicamente non protette. Nonostante la ricchezza di acqua, infatti, il problema dell’incremento della pressione turistica a discapito di una poco sviluppata rete di servizi igienici collettivi determina una crescita dell’impatto delle acque reflue sulla qualità delle acque disponibili per gli usi quotidiani. Ricerche in tal senso condotte dal Comitato Ev-K²-CNR lungo un arco di tempo di almeno un decennio hanno consentito la mappatura di questa situazione lungo il Khumbu, ma molto resta ancora da fare in termini incisiva di trasferibilità delle conoscenze.

 

Mentre le ricerche svolte nell’ambito delle Scienze Ambientali del Progetto Ev-K²-CNR si sono finora sviluppate in modo spontaneo, seguendo i criteri canonici della ricerca scientifica, il processo di sviluppo futuro della ricerca promossa dal Comitato dovrà tendere ad ottenere da un lato risultati di eccellenza in campo internazionale, e dall’altro a focalizzare l’attenzione alla trasferibilità a livello locale dei risultati. Pertanto, le strategie da seguire nella programmazione delle attività dovranno tenere conto di un maggiore coordinamento generale dei progetti e della massima interdisciplinarietà.

 

Tuttavia, l’individuazione di tematiche guida in un settore disciplinare vasto ed articolato come le scienze dell’ambiente, che si caratterizza per una complessa interconnessione di obbiettivi che pongono sempre al centro dell’attenzione l’ambiente ed il territorio, non deve condurre ad una chiusura verso altre discipline più monotematiche (fisica, chimica, biologia, ecc.). Occorre perciò leggere i progetti contenuti nella presente proposta come strategie da seguire per raggiungere risultati nella ricerca applicata, per permettere lo sviluppo di strumenti per la soluzione di problemi, ma anche in quella di base, per far emergere problemi nuovi che possono trovare soluzione più oltre nel tempo.

 

Le principali tematiche guida per il triennio sono quindi individuate come segue:

  1. l’analisi del sistema climatico, della fisica climatologica e degli scambi di energia nell’area nepalese/tibetana;

  2. a misura degli effetti dei cambiamenti globali sugli ecosistemi e sui ghiacciai;

  3. lo studio del territorio attraverso la messa a punto di sistemi informativi geografico-ambientali, dedicando l’attenzione con priorità all’area del Parco Nazionale Sagarmatha;

  4. lo studio dei cicli biogeochimici di inquinanti xenobiotici nelle acque superficiali (laghi, fiumi), nei sedimenti, nell’aria (particolato atmosferico), nel suolo;

  5. lo studio di bioindicatori della qualità delle acque e dell’ambiente terrestre in aree remote;

  6. lo sviluppo di sistemi di monitoraggio dell’aria e delle acque;

  7. lo studio di strategie per la gestione e la conservazione della natura (biodiversità, comunità ecologiche, habitat, ecosistemi);

  8. la valutazione d’impatto ambientale per la ricerca di strategie di sostenibilità e l’analisi economico-ecologica delle attività umane;

 A queste potranno affiancarsi anche altre attività di ricerca promosse in modo spontaneo, per le quali però i proponenti dovranno comunque dimostrare di perseguire gli obbiettivi generali di eccellenza e di trasferibilità voluti dal Consiglio Scientifico.

 

 

Scienze della Terra

 

Le diverse discipline afferenti alle Scienze della Terra hanno costituito all’inizio il nucleo portante delle attività di ricerca nell’ambito del Progetto Ev-K²-CNR. Sotto la guida del Prof. Desio, fin dal 1988 sono state effettuate importanti ricerche in campo geodetico, geofisico e geologico, con approfonditi studi nella zona del K2 e dell’Everest, per acquisire nuovi dati gravimetrici e geologici su questa importante area di collisione tra la placca indiana e quella asiatica.

 

La tradizione di ricerca geologica itinerante, inaugurata dal Prof. Desio ben prima della vittoriosa spedizione alpinistica sul K2, ha portato numerosi ricercatori del Progetto Ev-K²-CNR in aree remote e poco studiate della catena himalayana: Karakorum settentrionale (Sinkiang, Cina), Pakistan settentrionale, Makalu, Dolpo, Valle di Shaksgam (Karakorum), Nanga Parbat, Shimsal Pass (Karakorum), Valle del Khumbu e la Valle di Arun.

 

È possibile trarre alcune importanti considerazioni ripercorrendo rapidamente la lunga lista di attività di ricerca svolte in Himalaya negli ultimi anni. Accanto alle “tradizionali” campagne di misura e rilevamento al suolo, altri ricercatori hanno portato a termine difficili missioni per studiare la gravimetria e la sismica della catena himalayana. Anche l’attivazione di una stazione sismologica in un’area molto attiva del mondo fornisce informazioni insostituibili per descrivere la geodinamica attuale del complesso orogenico della catena Himalayana e, quindi, per poter effettuare delle ragionevoli previsioni per il futuro. Inoltre, realizzando la prima rete GPS (Global Positioning System) in Himalaya ed installando una stazione del sistema di posizionamento satellitare francese DORIS, la Piramide è servita come punto di riferimento per uno studio delle linee di livellazione tra India e Tibet. Con i dati raccolti durante le spedizioni del Progetto Ev-K²-CNR è stato realizzato un sistema informativo territoriale della Valle del Khumbu, integrato dai dati telerilevati dal satellite Landsat e Space Shuttle. Infine, gli studi di gravimetria e magnetismo hanno permesso di determinare lo spessore della crosta terrestre e di “vedere” la subduzione dell’India che si incunea sotto il Tibet. Questi dati sono stati utilizzati per la determinazione del Geode Globale e locale della zona Himalayana.

 

Dopo le intense attività di studio sulla geologia dell’area ai piedi del Monte Everest, presso il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide, che è opportunamente collocata per studiare:

le ricerche si sono spostate, sia verso Est sia verso Ovest, lungo la catena himalayana per poter meglio analizzare le differenti fasi di genesi della più alta ed estesa catena montana nel mondo. Per comprendere pienamente i complessi fenomeni geologici che hanno caratterizzato e che ancora interessano questa area montagnosa, per molti versi simile alle nostre Alpi, occorre perciò studiare aree anche molto lontane dalla Piramide.

 

I successi ed i riconoscimenti internazionali finora ottenuti non devono essere però considerati un traguardo raggiunto ma un punto di partenza per meglio pianificare le attività future, concentrando gli sforzi intellettuali ed economici su alcuni tematismi fondamentali di ricerca:

  1. studi gravimetrici e sismici,

  2. geologia e tettonica della Valle del Khumbu,

  3. sistema informativo territoriale (il progetto di creare un GIS per la Valle del Khumbu è iniziato proprio con la trasformazione in digitale della cartografia geologica rilevata sul terreno intorno alla Piramide).

Appare chiaro dalle proposte di ricerca elencate precedentemente che il settore delle Scienze della Terra intende compiere un salto di qualità. Grazie alla disponibilità di stazioni sismiche e GPS permanenti, collocate proprio nella Piramide, sarà infatti possibile avviare proficue campagne di misura e di ricerca comuni con tutti gli organismi nazionali ed internazionali che operano nella zona della valle del Khumbu. La Piramide verrebbe quindi identificata a livello scientifico mondiale come un punto di riferimento chiave per la sismologia, la geodesia e la geologia.

 

In tale contesto si inserisce una nuova e ben più importante opportunità che viene offerta al Progetto Ev-K²-CNR. Una recente decisione presa dalla Commissione Europea ha dato il via alla costruzione di un sistema GPS europeo (Progetto Galileo). Il Laboratorio Piramide potrebbe essere identificato come un punto remoto della rete di punti di controllo Galileo, attualmente in costruzione. Nella fase iniziale del Progetto Galileo la stazione Piramide potrebbe essere utilizzata come area test montana sia per la ricezione del segnale, sia per la successiva decodifica e ritrasmissione dei dati.

 

La fattiva collaborazione instaurata fra il Progetto Ev-K²-CNR con il Governo e gli Enti di ricerca Nepalesi consentirà inoltre ai ricercatori del Paese Himalayano di estendere e di scambiare le proprie conoscenze con i colleghi di altri Paesi esteri che, operando in Nepal, graviteranno sulla Piramide per ottenere i dati loro necessari. La disponibilità via Internet del GIS della valle del Khumbu offrirà un’ulteriore possibilità di integrazione e scambio di informazioni e dati scientifici. 

 

Scienze Antropologiche, Comunicazione e Sviluppo

 

I ricercatori del settore hanno studiato la cultura e le tradizioni delle popolazioni native della catena Himalayana, ponendole a confronto con altri gruppi etnici residenti in altre parti del mondo con condizioni ambientali simili. Sino ad oggi, è stato effettuato un approfondito studio a carattere antropologico di alcune popolazioni tibetane e tibeto-birmane stanziate nelle regioni cis- e trans-himalayane prossime al Monte Everest.

 

Gli studi sinora condotti riguardano essenzialmente la ricostruzione della storia culturale di questi territori grazie alla documentazione di testi scritti e di tradizioni orali. Al tempo stesso l’analisi si è concentrata sullo studio delle tradizioni religiose proprie delle popolazioni stanziate in queste regioni, focalizzando la propria attenzione soprattutto sulle relazioni che intercorrono tra ritualità e percezione/simbolizzazione del proprio ambiente naturale. Rispondendo ad un’esigenza di tipo pratico, la ricerca, quando possibile, si è inoltre sviluppata entro campi di natura “applicata”, volti dunque all’analisi della concreta realtà oggetto di studio e ai problemi connessi con i processi di modernizzazione e sviluppo che interessano molte delle regioni e delle civiltà considerate.

 

L’area Scienze Antropologiche ha, allo stato attuale, come oggetto di ricerca lo studio di alcune comunità della Regione Autonoma del Tibet, Qinghai, Nepal, Vietnam e Laos. Nell’ambito delle culture tibetane le ricerche si focalizzeranno in particolare sulle aree di Porong e di Henan, che storicamente furono sede di principati nomadi in posizione semi-autonoma verso i governi tibetano e cinese. Queste aree saranno prese come case-studies per lo studio delle trasformazioni economiche, sociali e culturali intercorse con l’integrazione di queste aree nella Repubblica Popolare Cinese a partire dal 1950. Da un punto di vista tematico le relazioni che intercorrono tra comunità e territorio nonché la revitalizzazione di tradizioni locali, successivamente alla sistematica opera di deculturazione messa in atto durante la Rivoluzione Culturale, rappresentano due degli aspetti portanti della ricerca.

 

Al tempo stesso la ricerca si muoverà in direzione della documentazione sistematica di cicli di canti e danze sacre, come anche dello studio di varie forme di culti sciamanici femminili non ancora oggetto di ricerche antropologiche. Da questo punto di vista il lavoro di ricerca dell’équipe rappresenta un progetto all’avanguardia, in un certo senso pioniere, poiché la ricerca antropologica nella Regione Autonoma del Tibet è per il momento stata assai limitata e solo grazie alle particolari relazioni stabilite da alcuni membri della équipe con la Tibetan Academy of Social Sciences di Lhasa, la Tibet University e il TARA (Tibet Assistance to Remote Areas), l’attività può essere realizzata. Alcuni dei temi esplorati nel contesto tibetano quali i culti sciamanici femminili si prestano ad un lavoro comparativo di più vasta portata. Il lavoro in Tibet verrà, infatti, integrato dalle ricerche svolte in ambito nepalese relativamente ai culti di possessione femminile in seno alla cultura Newar della valle di Kathmandu. Le ricerche su questo genere di rituali tenderanno a mettere in risalto soprattutto gli aspetti coreutico-musicali propri del culto. A tale scopo le indagini privilegeranno una documentazione di natura fotografica e filmica.

 

Per quanto concerne la realtà tibetana, il programma di ricerca, oltre allo studio di temi relativi ai case-study, ha identificato alcune aree di intervento in cui le conoscenze acquisite possono essere applicate per trovare una soluzione ai problemi attuali delle aree himalayane (come le strategie per affrontare il problema della degradazione degli alpeggi, i progetti di educazione e di promozione culturale delle aree rurali).

 

 

 

In relazione al sud-est asiatico, le ricerche si trovano al momento in una fase preliminare e di prime survey. Campo di indagine primario sarà la cultura religiosa di alcuni gruppi etnici di lingua tibeto-birmana stanziati nel nord del Vietnam ed in alcune regioni del Laos centrale. In ragione di questo ampliamento di prospettive di ricerca già da tempo sono stati presi contatto con organizzazioni italiane e europee che operano e lavorano già in tali regioni con lo scopo di elaborare progetti di ricerca comune e di comune reperimento di fondi destinati alla ricerca. In particolare sono stati già effettuati alcuni incontri con la Fondazione Lerici di Roma, che dirige numerosi progetti di ricerca a carattere archeologico in Laos, Vietnam e Cambogia, su finanziamento di istituzioni pubbliche italiane e della stessa UNESCO.

 

In linea generale gli obbiettivi che l’area tematica persegue si possono così elencare:

  1. Contributo alla salvaguardia del patrimonio culturale delle culture Himalayane attraverso la documentazione ed il sostegno delle comunità locali nelle loro attività in questo senso. Realizzazione di missioni di ricerca in Nepal e in Tibet miranti sia alla ricostruzione della storia locale della regione di Porong (con annessa raccolta e traduzione di testi) sia allo studio della ritualità terapeutica e dei culti di possessione nel Nepal e nel Tibet meridionale.

  2. Acquisizione di conoscenze che permettano di valutare in modo più corretto strategie di sviluppo delle aree rurali. In particolare il progetto si propone una più attenta valutazione dei metodi di gestione degli alpeggi che vengono di solito scartati dalle autorità cinesi come “antiquati” in favore di una  modernizzazione che  essendo pianificata in modo centralizzato spesso non tiene conto delle particolarità locali.

  3. Co-operazione con istituzioni e personale locale che permette un dialogo ed uno scambio di fonti e metodi di ricerca. In modo particolare si sostiene lo sviluppo di ricercatori locali che acquisiscano un profilo internazionale. In questo senso la pubblicazione di lavori comuni tra autori europei e locali (vedi co-edozione tra TASS e OeAW) e la partecipazione di ricercatori locali in conferenze internazionali è un importante passo in questa direzione (vedi pubblicazione di articoli negli atti dei congressi della IATS). 

  4. Divulgazione dei prodotti secondo una prospettiva di ampia visibilità. Sulla base dell’impiego del media visivo, il progetto intende attuare una politica organica di diffusione differenziata dei prodotti della ricerca sia all’interno dei circuiti scientifici sia entro i normali canali di diffusione televisiva.

 

Tecnologie Ecoefficienti e Sistemi di Gestione Ambientale

 

L’attività che verrà svolta nell’ambito di questo rinnovato campo di studi è intesa a sottolineare lo sforzo che viene compiuto tanto a livello di ricerca quanto di progettazione e produzione per l’individuazione di prodotti che incorporano tecnologie volte a fornire prestazioni uguali o migliori di quelle già diffuse, ma con minori consumo energetico ed emissioni.

 

Inoltre, l’attenzione che si vuole dedicare ai sistemi di gestione ambientale sottolinea la necessità di un approccio sistemico ed introduce l’importanza dell’elemento umano, in rapporto all’insieme di conoscenze ed alle tecnologie, nel definire obiettivi, elaborare programmi, valutare scostamenti e prendere provvedimenti correttivi per indirizzare la gestione di strutture, attività produttive ed aree verso standard di qualità ambientale. Tali considerazioni, che discendono dalle politiche internazionali alle quali si informano quelle adottate a livello dei singoli Paesi nel campo della ricerca, dell’industria e dell’ambiente, assumono una valenza importante anche nel programma triennale di ricerche che possono essere svolte presso la Piramide od utilizzare la Piramide come base per sperimentazioni.

 

Nell’ambito di questo settore (già Nuove Tecnologie), sono stati effettuati, grazie al peculiare ambiente (ridotta pressione atmosferica, elevate escursioni termiche giornaliere, condizioni meteorologiche, ecc.) studi come i seguenti:

  1. analisi del comportamento di sottosistemi, componenti e materiali di stazioni di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (fotovoltaica, idraulica ed eolica);

  2. analisi del comportamento di sistemi elettrici/elettronici, quali computer e strumentazione scientifica;

  3. ottimizzazione di strutture bioclimatiche progettate per garantire un comfort in condizioni climatiche estreme;

  4. sviluppo di strumenti per la conservazione energetica e il razionale uso dell’energia;

  5. sviluppo, test e realizzazione di materiali.

  6. sviluppo di tecniche per il trattamento e riciclo di rifiuti solidi, soprattutto mediante il ricorso a tecnologie a basso impatto ambientale.

  7. trattamenti delle acque per piccole comunità in ambiente estremo: depurazione acque reflue, potabilizzazione.

                     

Tutti questi studi possono essere trasferiti in regioni con problemi ambientali simili (aree remote, climi estremi, ecc.).  A nostra conoscenza, in Europa o altrove, non esiste un’altra struttura che offra tutte queste opportunità.  Per l’evidente analogia con le indagini in corso in altre aree remote, va sottolineato che collaborano a queste ricerche alcune Unità Operative attive in Antartide e nelle Zone Artiche, così come Istituzioni ed Enti Ospedalieri ed imprese private.

 

Formazione e sviluppo

 

Formazione tecnica alla Piramide per la gestione delle strutture:

 La formazione del personale locale è un aspetto a cui il Comitato Ev-K²-CNR è estremamente attento, considerando il notevole incarico di supporto che richiede la ricerca scientifica in alta quota e in aree remote. La realtà locale in cui il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide è inserito è infatti parte integrante dell’attività che si svolge presso la base, al punto che anche tecnici della popolazione locale sono stati coinvolti per presidiare in continuazione l’installazione con precisi compiti tecnici nonché per assistere il personale italiano durante i periodi delle missioni.

 

Il corso testimonia una volontà notevole di mettere in pratica la filosofia adottata congiuntamente dal RONAST e dal Comitato Ev-K²-CNR: trasferire in un prossimo futuro la gestione tecnica del Laboratorio ai nepalesi.

 

Guide Sherpa:

Il corso, alla prima edizione ufficiale dopo l’iniziativa pilota di due anni fa, ha affrontato in modo approfondito aspetti avanzati delle tecniche di soccorso curando anche il necessario affinamento delle conoscenze alpinistiche di base. Nella piccola palestra di roccia attrezzata nei pressi della Piramide, gli allievi hanno infatti appreso le diverse tecniche di infissione dei chiodi da roccia, l’uso del pianta spit e del trapano. Particolare scrupolo è stato dedicato alle differenti modalità di realizzazione degli ancoraggi di sosta e dei relativi angoli di caricamento.

 

Centro di Alpinismo Lhasa:

La formazione professionale legata all’attività alpinistica nell’area himalayana è uno dei settori di collaborazione internazionale sviluppati dal Comitato Ev-K²-CNR, il quale ha infatti individuato nella formazione alpinistica una valida opportunità di sviluppo per le popolazioni himalayane, che da tale attività possono trarre significative possibilità di lavoro e qualificazione professionale.  Su tali presupposti è stato sviluppato il progetto di Sviluppo professionale per gli alpinisti del Centro Alpinistico di Lhasa, realizzato nell’ambito delle attività del settore Scienze Antropologiche, Comunicazione e Sviluppo” grazie alla collaborazione con Eco-Himal e patrocinato dal Comitato per lo Sport della Regione Autonoma del Tibet, nella Repubblica Popolare Cinese. Il progetto svilupperà l’attività di formazione e di cooperazione fra gli alpinisti tibetani e quelli stranieri. La prima fase prevede l’organizzazione di un corso biennale, con lezioni di lingua tibetana, cinese e inglese, cultura generale, geografia e, naturalmente, tecniche avanzate di alpinismo e soccorso.

 

Nell’ambito del progetto si provvederà anche a creare un archivio che raccolga informazioni sull’attività alpinistica tibetana, nonché a favorire la collaborazione tra gli scalatori locali e quelli stranieri. Iniziativa importante è anche l’attrezzatura della parete rocciosa situata a nord di Lhasa, presso il monastero di Sera. Su questa struttura granitica, alta circa 300 metri gli alpinisti tibetani avranno la possibilità di praticare ed apprendere le tecniche di assicurazione e progressione alpinistica.

 

I Meccanismi di Chiamata dei Progetti Specifici

e loro Finanziamento / Cofinanziamento

 

Le necessità di ricerca delineate nelle diverse discipline troveranno una graduale realizzazione in progetti specifici, che verranno scelti dal Consiglio Scientifico del Comitato Ev-K²-CNR in relazione ai seguenti principi guida:

 

Ricercatori specialisti (italiani e stranieri) noti per il loro lavoro oppure Enti ed Istituti che operano in aree di studio coerenti con le necessità e le priorità di ricerca verranno invitati dal Consiglio Scientifico a presentare proposte di attività mirate nelle diverse tematiche. Nell’arco del triennio non si faranno infatti call for proposal generici, bensì saranno individuate offerte di partecipazione che soddisfano precisi requisiti. Le chiamate seguiranno la priorità stabilita dal Consiglio Scientifico che graduerà gli obbiettivi da raggiungere durante il triennio in relazione alle disponibilità finanziarie. (Figura 4)

Tutte le proposte dovranno essere stese secondo uno schema che privilegi la chiarezza degli obbiettivi, le risorse necessarie, i risultati previsti e la loro trasferibilità.

 

Nella predisposizione del Programma 2003-2005 le priorità generali per ciascuna disciplina sono indicate nella seguente tabella (Tabella 3). Queste priorità potranno modificarsi in relazione alle opportunità che emergeranno di anno in anno e saranno periodicamente riviste dal Consiglio Scientifico.

 

                                       

 

Figura 4.  Schema a blocchi per l’implementazione del Programma (per ciascun Area Tematica)

 

La parziale disponibilità finanziaria sarà un elemento importante per l’attivazione dei progetti. Ai progetti scelti il Comitato garantirà infatti in generale solo una parziale copertura finanziaria. Pur non escludendo attività di studio per le quali il Comitato Ev-K²-CNR potrà sostenere in modo sostanzioso le spese di ricerca, per non limitare l’attività solo ai progetti già autofinanziati, la disponibilità di co-finanziamento diventerà un criterio prioritario per l’approvazione delle proposte di studio e potrà essere diverso da caso a caso in relazione alle strategie generali.

 

Qualsiasi proposta presentata verrà sottoposta a valutazione da parte di referee esterni, che in modo anonimo daranno un parere sulla qualità delle proposte ai singoli coordinatori disciplinari. Tutte le proposte dovranno infine essere approvate dal Consiglio Scientifico che le sottoporrà con un proprio giudizio all’approvazione finale del Comitato Ev-K²-CNR. 

 

 

 

 

2003

2004

2005

Medicina e Fisiologia

1. analisi dello stato dell’arte, individuazione aree prioritari

X

 

 

2. studi epidemiologici sulle popolazioni locali

X

 

 

3. studio dell’inquinamento indoor

 

 

X

4. formazione e sviluppo di metodi innovativi di cura e prevenzione

 

X

 

5. studi fisiologici sugli effetti dell’alta quota sull’organismo umano

X

 

 

Scienze Ambientali

1. studi climatici

X

 

 

2. misure degli effetti dei cambiamenti globali

X

 

 

3. studio del territorio attraverso il GIS

X

 

 

4. studio dell’inquinamento

 

X

 

5. studio di bioindicatori della qualità dell’acqua e dell’ambiente

 

X

 

6. sviluppo di sistemi di monitoraggio dell’aria e delle acque

 

 

X

7. strategie per la gestione e conservazione della natura

 

 

X

8. valutazione di impatto ambientale

 

 

X

Scienze della Terra

1. studi gravimetrici e sismici

 

X

 

2. geologia e tettonica della Valle del Khumbu

 

 

X

3. sistema informativo territoriale

X

 

 

Scienze Antropologiche Comunicazione e Sviluppo

1. studi delle culture locali, Porong, Nepal, Tibet, ecc.

X

X

X

2. sviluppo di metodi di gestione del territorio

X

 

 

3.sviluppo di ricercatori locali e capacity building

 

X

 

4. divulgazione

 

X

X

Tecnologie Ecoefficienti e Sistemi di Gestione Ambientale

1.stazioni di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili

X

 

 

2. comportamento di sistemi elettrici/elettronici

X

 

 

3. ottimizzazione di strutture bioclimatiche

 

X

 

4. strumenti per la conservazione e uso razionale dell’energia

 

X

 

5. sviluppo, test e realizzazione di materiali

 

 

X

6. tecniche per il trattamento e riciclo di rifiuti solidi

 

 

X

7. trattamenti delle acque per le comunità locali

 

 

X

 

Tabella 3. Priorità di ricerca di base individuate nelle diverse discipline per il triennio 2003-2005.

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